Annuario TV

Switch-off: a che punto siamo?

A più di tre anni dall’inizio della transizione al nuovo digitale terrestre, prosegue il dibattito sullo switch-off. Entro il primo settembre Rai si impegna ad avviare la trasmissione di uno dei suoi tre MUX in DVB-T2, lo standard trasmissivo del digitale terrestre di seconda generazione. Questa notizia, già anticipata, è ora ufficiale, come attestato nel Contratto Nazionale di Servizio tra Rai e il Ministero delle Imprese e del Made in Italy pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 25 maggio. Nonostante i timori alimentati nelle ultime settimane all’interno della stampa generalista e da alcune associazioni dei consumatori circa la necessità di una spesa imminente per l’adeguamento degli apparecchi non ancora compatibili con il nuovo standard, la decisione non avrà alcuna conseguenza per gli spettatori. Rai sembra infatti intenzionata a garantire la continuità dei programmi attraverso la trasmissione in simulcast anche nello standard attuale. Tuttavia, è fondamentale comprendere il contesto e le motivazioni di questa novità, che fa parte di un progetto più ampio di ridefinizione del profilo tecnologico del digitale terrestre nazionale. Ripercorriamo quindi i passaggi tecnici della transizione in corso verso la “nuova TV digitale” e analizziamo l’impatto che questa evoluzione sta avendo sul processo di aggiornamento del parco televisori in Italia. Gli step tecnici dello switch-off: Il DVB-T2 rappresenta l’ultima generazione dello standard per la trasmissione dei contenuti televisivi via etere e costituisce la tappa finale del processo di “secondo switch-off” avviato in Italia nel 2020. L’introduzione di questo nuovo standard si è reso indispensabile per via della riduzione dello spettro frequenziale destinato al broadcasting radiotelevisivo. Per far fronte alla diminuita disponibilità di frequenze trasmissive risultante dal rilascio della banda 700MHZ (avvenuto a luglio 2022) per lo sviluppo del 5G e coordinato a livello di Unione Europea, il legislatore italiano ha dovuto infatti pianificare delle innovazioni tecniche che consentissero la continuità di trasmissione dei broadcaster nazionali e locali, ora costretti a doversi riorganizzare in uno spazio ristretto. Il primo cambiamento si è verificato a fine 2022 con il passaggio alla codifica video Mpeg4, che per gli spettatori ha comportato l’aggiornamento degli apparecchi tv non ancora compatibili con l’alta definizione. Il passaggio definitivo al DVB-T2 (inizialmente previsto dalla legge nazionale per il 2023) è stato invece rimandato rispetto alla roadmap originaria e per il momento non possiede ancora una data ufficiale, motivo per cui la recente notizia dell’inizio delle trasmissioni di alcuni canali del servizio pubblico con il nuovo standard non deve creare preoccupazione. Il ruolo dello switch-off nella diffusione della CTV: Come noto, negli ultimi anni il passaggio al digitale terrestre di nuova generazione ha esteso significativamente la presenza di tv connesse nelle case degli italiani. Detto in altre parole, l’aggiornamento dei televisori obsoleti in favore di apparecchi compatibili con i nuovi standard tecnologici del DTT ha rappresentato senza dubbio una delle ragioni principali della crescita della smart tv. Tra il 2021 e il 2022, ad esempio, il dato della smart tv ha visto un aumento consistente, passando da 15,3 milioni di device a luglio 2021 a 17,1 milioni a maggio 2022 (fonte: ricerca di base Auditel-Ipsos). Inoltre, secondo i dati pubblicati nell’Annuario 2023, a maggio 2023 la maggior parte degli apparecchi tv domestici (quasi il 66%) risultava pronta per lo step finale: dei 43,1 milioni di schermi tv conteggiati (il dato si riferisce al parco tv della prima casa), i televisori compatibili con il nuovo standard DVB-T2 ammontavano a 28,4 milioni mentre quelli non conformi erano circa 14,7 milioni. (Carlotta Colacurcio)

Regno Unito: pubblicato il nuovo rapporto di OFCOM sul futuro della distribuzione televisiva

L’OFCOM, l’ente regolatore del mercato delle telecomunicazioni nel Regno Unito, ha recentemente pubblicato il rapporto “Future of TV Distribution”. Nel documento vengono presentati i risultati di uno studio commissionato dal governo britannico per valutare lo stato di salute del digitale terrestre e i suoi possibili sviluppi in uno scenario audiovisivo sempre più orientato verso l’online. Secondo il report, il calo progressivo della fruizione lineare e l’incertezza dei broadcaster (il cui modello distributivo è oggi ibrido fra tv e rete) circa la sostenibilità economica della trasmissione televisiva tradizionale per via di costi operativi in crescita rappresentano alcune delle principali sfide che la tv via etere dovrà affrontare nei prossimi anni. Per continuare a garantire l’accesso universale ai contenuti televisivi in un mercato in continua evoluzione, l’Ofcom propone tre possibili direzioni per il futuro: mettere in campo degli investimenti per rendere più efficiente la trasmissione del segnale del digitale terrestre; trasformare il digitale terrestre in un servizio con un numero limitato di canali di servizio pubblico; pianificare una campagna che agevoli la transizione degli spettatori verso il consumo televisivo via internet con l’obiettivo a lungo termine di disattivare il DTT favorendo inoltre l’inclusione digitale. Il report pubblicato il 9 maggio è disponibile al seguente link: https://www.ofcom.org.uk/__data/assets/pdf_file/0024/285018/Future-of-TV-Distribution-Report-to-Government.pdf

Viola come il mare: il successo online non cannibalizza il lineare

L’uso da parte dei broadcaster dell’ambiente online come prima finestra distributiva dei propri titoli scripted di punta si dimostra, ancora una volta, una strategia di successo. Ne è testimonianza il boom di ascolti in streaming registrato dalla nuova stagione della fiction Viola come il Mare, rilasciata in anteprima su Mediaset Infinity a metà aprile (le prime tre puntate sono state pubblicate il 24 aprile e le rimanenti tre l’11 maggio) e in onda su Canale 5 a partire dal 3 maggio. Nelle prime due settimane dal rilascio in streaming delle prime tre puntate, la fiction Mediaset prodotta con Lux Vide ha raccolto ottimi ascolti sulla piattaforma proprietaria dell’editore. Secondo l’analisi realizzata da Sensemakers, tra il 24 aprile e il 9 maggio, ad esempio, la prima puntata della nuova stagione ha registrato su Mediaset Infinity più di 2,8 milioni di visualizzazioni (LS), raddoppiando i volumi registrati dalla puntata iniziale della prima stagione nei primi sedici giorni dalla sua pubblicazione. L’ampio successo digital della serie risulta ancora più eclatante se si considera la metrica del tempo speso: il dato TTS relativo al primo episodio è infatti cresciuto del 128% rispetto ai volumi registrati dal corrispettivo della prima stagione, superando i 104 milioni di minuti visti. Grazie alla crescita a tripla cifra delle numeriche relative alla fruizione digital, nel periodo 24 aprile – 9 maggio l’incremento di ascolto proveniente da Mediaset Infinity rispetto alla messa in onda lineare della fiction è stato pari al +28% per la prima puntata (trasmessa in back-to-back il 3 maggio) e +27% per la seconda (in onda il 9 maggio). Come già dimostrato dal caso Mare Fuori all’interno dell’ecosistema Rai, anche per Mediaset la scelta della distribuzione digital-first del prodotto fiction non solo si configura come segno di innovazione, ma si rivela altresì un metodo efficace per ampliare il successo della propria offerta. Inoltre, il rilascio in anteprima streaming della seconda stagione di Viola come il mare non ha compromesso la messa in onda tradizionale su Canale 5, confermando il duplice impatto positivo di questa nuova strategia. Osservando i risultati d’ascolto linear delle prime due puntate (media AMR 2 milioni 620 mila spettatori) si nota infatti come questi siano in linea con quelli raggiunti dalla prima stagione trasmessa nell’autunno 2022 (media AMR: 2 milioni 879 mila). Fonte dati: Sensemakers (Carlotta Colacurcio)

Il servizio pubblico in Italia nell’età delle piattaforme: un equilibrio complesso tra innovazione e tradizione

Nel corso della sua storia il servizio pubblico televisivo ha attraversato diverse fasi di trasformazione tecnologica e sociale, svolgendo da sempre un ruolo fondamentale per la cultura e la società europea. Tuttavia, il recente processo di platformization dell’industria mediale ha prodotto delle sfide inedite per gli editori di servizio pubblico. In risposta a questa situazione, la tv pubblica ha iniziato un graduale percorso di ridefinizione dei propri obiettivi, guidata dalla necessità di adattarsi al mutato contesto e di preservare al contempo i suoi principi identitari, come ad esempio quello di garantire a tutti i cittadini l’accesso a una gamma diversificata di contenuti. È questo il principale oggetto di studio di PSM-AP, un ambizioso progetto di ricerca internazionale di durata triennale che analizza attraverso un approccio comparativo come i servizi pubblici nazionali si stanno attrezzando per mantenere la propria rilevanza in uno scenario televisivo sempre più dominato dalle grandi piattaforme di streaming. Sostenuto dal programma di co-finanziamento CHANSE ERA-NET e guidato dalla Prof. Catherine Johnson (Università di Leeds, Regno Unito), il progetto PSM-AP si articola in diverse fasi e coinvolge sei paesi: Belgio (RTBF, VRT), Canada (CBC), Danimarca (DR, TV 2), Italia (RAI), Polonia (TVP) e Regno Unito (BBC, Channel 4, ITV). L’obiettivo del primo step della ricerca è stato quello di analizzare l’impatto che l’ascesa delle piattaforme sta avendo sulle policy aziendali dei media di servizio pubblico (PSM) e sulle normative che disciplinano il settore nei diversi paesi oggetto di studio. Il policy brief italiano “La transizione digitale del Servizio pubblico in Italia” è stato redatto dal Prof. Massimo Scaglioni, co-investigator del progetto PSM-AP, insieme ai ricercatori Antonio Nucci e Mattia Galli. Nel documento pubblicato recentemente vengono presentate in sintesi le evidenze emerse dall’analisi delle norme vigenti, delle convenzioni e dei contratti di servizio, delle relazioni annuali delle autorità regolatorie e più in generale del dibattito pubblico in corso. Le risorse e i documenti analizzati per questo primo step della ricerca evidenziano come nel contesto italiano le questioni riguardanti l’universalità, la riduzione del divario digitale e lo sviluppo tecnologico siano di fondamentale importanza per il servizio pubblico. Una delle attuali sfide per Rai consiste infatti nel farsi motore di innovazione senza mai tralasciare il suo tradizionale compito di non lasciare indietro nessuno. Per innovarsi e competere con le grandi piattaforme, l’editore ha recentemente sviluppato nuove strategie, come ad esempio l’utilizzo del proprio ambiente online come prima finestra distributiva di alcuni selezionati titoli. Tuttavia, la presenza di obiettivi in parte divergenti sia in termini di programmazione che di distribuzione e promozione dei contenuti rischia di generare delle criticità. Sarebbe pertanto auspicabile per Rai muoversi verso la definizione di una “strategia digitale chiara e condivisa”, favorendo inoltre la messa a punto di alcune azioni prioritarie, tra cui spiccano il tema della prominence sui telecomandi e sulle interfacce delle smart tv, la curation della propria offerta, la collaborazione sinergica con piattaforme terze e la maggiore trasparenza nell’impiego degli algoritmi. Il policy brief contenente una sintesi dei risultati e delle raccomandazioni proposte dagli autori dello studio è consultabile qui: https://psm-ap.com/italian-policy-brief-la-transizione-digitale-del-servizio-pubblico-in-italia/ (Carlotta Colacurcio)

L’Osservatorio Europeo dell’Audiovisivo pubblica il nuovo report “SVOD Usage in the European Union”

L’Osservatorio europeo dell’audiovisivo ha diffuso il rapporto “SVOD Usage in the European Union”, incentrato sull’analisi delle preferenze di visione degli utenti SVOD nell’Unione Europea. Lo studio si basa sui dati raccolti da Goldmedia attraverso una serie di sondaggi condotti tra settembre 2022 e settembre 2023 in nove stati membri dell’UE: Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Olanda, Polonia, Spagna e Svezia. Si riportano di seguito alcune delle principali evidenze contenute nel report, disponibile nella sua versione integrale al link in fondo all’articolo: Fonte: “SVOD Usage in the European Union”, European Audiovisual Observatory Clicca qui per accedere al report

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L’altalena delle quote. Cosa funziona (e non funziona) nella riforma del Tusmav

Approvata la riforma che ridefinisce le quote di finanziamento dell’audiovisivo Alcune quote scendono, altre salgono, ma il panorama rimane confuso. Il 20 marzo 2024 è stata approvata in via definitiva dal Consiglio dei ministri la riforma del Tusmav (Testo unico dei servizi media audiovisivi). Il governo ha recepito, con delle significative modifiche, le disposizioni integrative e correttive proposte dal parlamento su uno schema di decreto legislativo volto a ridefinire, tra le altre cose, il “sistema delle quote”, ovvero la percentuale che i “servizi di media audiovisivi” (imprese televisive e piattaforme OTT operanti in Italia) sono tenuti a investire in opere europee e italiane. Le modifiche, così come i vari pareri che le hanno precedute, dovrebbero correggere – «in considerazione dell’evoluzione della realtà del mercato» – la precedente normativa, approvata nel 2021 dal governo Draghi. La riforma ha negli ultimi giorni amplificato un dibattito che, eccezion fatta per pochi articoli sulla stampa generalista – con posizioni a volte massimaliste e poco aderenti alla realtà dei fatti – rimane confinato agli “addetti ai lavori”, tra appelli, comunicati stampa e memorie fatte pervenire alle commissioni parlamentari dagli operatori che si sono sentiti chiamati in causa. Poche, quindi, le ricostruzioni esaustive; molte, invece, le dichiarazioni dai toni allarmistici sul futuro dell’audiovisivo italiano. Un certo silenzio si è avvertito, oltre che sulle pagine delle maggiori testate, anche tra le forze politiche, a eccezione delle due principali anime della maggioranza: la Lega, apparentemente a favore di una diminuzione generalizzata delle quote, e Fratelli d’Italia, intenzionata soprattutto ad aumentare le percentuali dedicate ai contenuti italiani. Proviamo quindi a fare chiarezza su quanto realmente approvato dal governo, partendo da che cos’è il Tusmav e in cosa consiste il “sistema di quote” che predispone. Che cos’è il Tusmav? Il Testo unico dei servizi media audiovisivi si configura come l’evoluzione del Tusmar (Testo unico della radiotelevisione) emanato dalla L. n. 122/2004 (legge Gasparri), a sua volta in applicazione delle direttive europee sull’emittenza radiotelevisiva. L’attuale Testo unico nasce nello specifico dal Decreto Legislativo n. 208 del 8 novembre 2021 in attuazione della Direttiva UE 2018/1808, la “Servizi di media audiovisivi” (AVMSD) che, sulla scia della Direttiva “Televisione Senza Frontiere” (89/552/CEE) e delle sue successive modifiche, mira a favorire la libera circolazione dei contenuti audiovisivi europei nel mercato comunitario, proteggere la diversità culturale, tutelare i minori e fissare norme comuni sugli affollamenti pubblicitari. In merito soprattutto ai primi due obiettivi, la direttiva del 2018 si differenzia dalle precedenti per l’introduzione di obblighi (le cosiddette “quote”) anche nei confronti dei “fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta”, ovvero le piattaforme over-the-top come Netflix, Prime Video e Disney+. Nello specifico, il primo comma dell’articolo 13 della AVMSD sancisce che tali soggetti devono garantire «che i loro cataloghi contengano almeno il 30 % di opere europee e che queste siano poste in rilievo», mentre il secondo e il terzo comma lasciano la libertà ai singoli Stati membri di richiedere ai fornitori di media audiovisivi (anche lineari, come il servizio pubblico e le televisioni commerciali) di contribuire finanziariamente alla produzione di opere europee, sulla base delle loro entrate e in misura considerata proporzionata e non discriminatoria. Nel recepimento italiano (D. Lgs. 208/2021) tali obblighi di finanziamento vengono tradotti all’interno di due articoli, l’art. 54 e l’art. 55, rispettivamente dedicati agli operatori lineari (le reti Rai, Mediaset, Warner Bros. Discovery, Sky, Cairo, ecc.) e a richiesta (Netflix, Prime Video, Now, Disney+, Paramount+ ecc.). Lo schema di obblighi previsto dall’Italia risulta piuttosto stratificato e complesso (come rilevato anche da Agcom) ed è considerato, insieme a quello francese, tra i più protezionistici del continente. Per necessità di sintesi, si riporta qui di seguito, in una divisione a punti in base alla tipologia di operatore, il sistema di quote di finanziamento precedentemente in vigore, insieme alle modifiche approvate il 20 marzo 2024. Lo schema delle quote Dalla “televisione senza frontiere” ai “muri nazionali di quote” Né i suggerimenti del parlamento né le modifiche definitivamente approvate dal governo sono apparse andare in una direzione univoca, tanto da aver generato da un lato una certa confusione – rendendo complicato, al di là della loro interpretazione, anche il mero calcolo delle quote – dall’altro alcune letture “ideologizzate” o allarmiste: dai presunti favori alle televisioni commerciali (in particolare Mediaset), alla riduzione della serialità Netflix, fino all’affossamento della produzione indipendente e del comparto dell’animazione (che chiedeva una sotto-quota dedicata a broadcaster e streamers privati). Proviamo quindi, in base alle informazioni a disposizione, a ipotizzare cosa nel nuovo Tusmav potrebbe funzionare e cosa, invece, manca. La linea adottata dal governo è probabilmente riassunta nella dichiarazione del Presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati Federico Mollicone (Fratelli d’Italia): «Bisogna sostenere l’industria italiana senza allontanare il mercato internazionale. Bisogna trovare una sintesi che è poi la parola magica della vera politica». Una forma di “equilibrismo” che, almeno per quanto riguarda gli streamers, si traduce in una diminuzione delle quote di investimento da destinare a opere europee, a cui fa da contraltare un aumento della loro percentuale di “italianità”. In sostanza, meno contenuti europei, ma, tra questi, più contenuti italiani. La riforma, ad ogni modo, non presuppone delle modifiche significative all’impianto precedente. La stessa articolazione delle quote è, nei fatti, rimasta invariata e forte rimane l’ispirazione alla trasposizione – con “struttura ad albero” – messa a punto dalla Francia (che ha un range di obblighi finanziari per i VOD che va dal 15% al 25% e ulteriori sotto-quote per i contenuti francesi e le opere filmiche), Paese che – ammesso che se ne condivida l’indirizzo protezionista – è spesso preso a modello in fatto di politica culturale. In tale orizzonte, appare ragionevole il mantenimento di uno schema che potrebbe, insieme ad altre forme di sostegno pubblico, aver finora contribuito a una crescita dei volumi produttivi dell’audiovisivo italiano. Apprezzabile, in questo senso, la scelta di non diminuire (ad eccezione di una leggera flessione sulla sotto-quota film) le percentuali di finanziamento in capo alle televisioni commerciali, che avrebbe amplificato il divario tra gli operatori lineari e non lineari. …

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40 anni di Auditel: la relazione alla Camera del Presidente Imperiali

Ricognizione storica e riflessione prospettica sulle dinamiche future: attorno a queste due direttrici ha impostato il proprio intervento Andrea Imperiali, consigliere di Auditel dal 2009 e Presidente dal 2016, nel corso della relazione tenutasi il 26 marzo presso la Sala della Regina e dedicata all’operato della società che dagli anni Ottanta monitora i consumi televisivi degli italiani. Nell’anno in cui ricorre il quarantennale della fondazione di Auditel – originata, come ha ricordato Imperiali, dalla volontà congiunta di tre figure chiave della storia televisiva del paese: Biagio Agnes, Silvio Berlusconi e Sergio Zavoli – si rendono infatti necessari, al contempo, la rilettura del percorso evolutivo della società e un ragionamento sulle complessità tecnologiche, regolamentari e concettuali che investono le prassi di misurazione degli ascolti nel panorama mediale odierno. Oltre a rimarcare il carattere pionieristico del modello di governance adottato da Auditel fino dall’atto di costituzione – il JIC, garanzia di trasparenza, rappresentatività ed equilibrio tra le forze di mercato – Imperiali ha sottolineato lo spirito adattivo della società, da sempre impegnata a rispondere alle modificazioni contestuali, se non addirittura a precorrere certe tendenze. In tal senso, il Presidente ha ricordato la recente integrazione tra i dati campionari e quelli censuari prodotti dal SuperPanel Auditel, cui si lega anche il duplice primato sovranazionale costituito dall’implementazione di codici univoci per il tracciamento della pubblicità addressable e online su tutte le piattaforme e dalla rilevazione integrale di un editore OTT come DAZN. Segnali, insomma, di un inesausto rinnovamento dei presupposti metodologici di Auditel, teso a intercettare, in una prospettiva di Total Audience, la pluralità dei consumi “disintermediati, asincroni, personalizzati” abilitati dal nuovo ecosistema digitale, che si ibridano con le modalità di fruizione tradizionali. Alla luce dei cambiamenti sistemici che stanno interessando le industrie mediali globali Imperiali ha inoltre ribadito la determinazione di Auditel nel porsi tanto come fonte informativa puntuale e di pubblico interesse – vanno in questa direzione le collaborazioni con Censis e ISTAT, oltre al recente inserimento all’interno del Sistema Statistico Nazionale – quanto come organo di mediazione con le Autorità di regolazione. Riguardo quest’ultimo versante i punti toccati dal Presidente spaziano dalla stringente necessità di un coordinamento europeo nell’inquadramento normativo dell’intelligenza artificiale, all’auspicata cessazione delle pratiche di automisurazione dei consumi, ancora vigenti tra numerosi soggetti del mercato: l’obiettivo comune, ha affermato Imperiali, deve essere quello di superare “la mancanza di trasparenza che grava sull’intero sistema”, a tutela delle dinamiche competitive e della democrazia digitale, ma anche dei consumatori, in termini di data protection e di pluralismo dell’offerta. (Giovanni Ceccatelli)

Europa Occidentale: OTT verso i 48 miliardi di dollari di ricavi entro il 2029

Il futuro dell’intrattenimento in Europa occidentale sembra orientato verso i servizi OTT. Il mercato degli operatori over-the-top risulta in forte espansione nella regione e si prevede che raggiungerà i 48 miliardi di dollari entro il 2029, con un aumento del 55% rispetto ai 31 miliardi del 2023. È quanto previsto dalla ricerca effettuata da Digital TV Research, azienda specializzata nello studio e nell’analisi del settore audiovisivo a livello mondiale.  Le proiezioni di Digital TV Research suggeriscono che saranno Regno Unito, Germania, Francia e Italia a trainare il mercato, con stime che indicano che il Regno Unito contribuirà con 10 miliardi di dollari e l’Italia con 5 miliardi entro il 2029. Sia il segmento SVOD che quello AVOD contribuiranno alla crescita, ma si prevede che sarà lo SVOD a generare la quota più consistente di fatturato. Netflix continuerà a dominare il mercato con un fatturato stimato di $10,7 miliardi entro il 2029, seguito da Disney+ a $4,9 miliardi. La Pay TV continuerà invece a perdere quote di mercato, con un calo degli abbonati previsto a 93 milioni entro il 2029. Tuttavia, la sua penetrazione rimarrà significativa (53%). Fonte: https://www.digitaltveurope.com/2024/03/18/western-europes-ott-revenue-to-rise-to-48bn-by-2029/

Omdia: cala lo “SVOD stacking” in favore di contenuti gratuiti

Dopo oltre cinque anni di crescita, il fenomeno dello stacking di servizi SVOD, ovvero la tendenza a sottoscrivere più di un abbonamento, inizia a mostrare un rallentamento. Un nuovo studio di Omdia di novembre 2023 rivela infatti che in alcuni dei principali mercati internazionali il numero di abbonamenti per famiglia è per la prima volta in calo. Contemporaneamente, si osserva un aumento nell’utilizzo delle piattaforme gratuite: negli Stati Uniti YouTube è il servizio video più diffuso, mentre piattaforme social come TikTok e Instagram, insieme ai servizi FAST come Tubi e Roku Channel, stanno guadagnando sempre più terreno. Anche nel panorama europeo YouTube è la piattaforma più popolare, ma tra le preferenze di visione i canali free-to-air e le piattaforme BVOD degli editori televisivi continuano a essere centrali. L’articolo di Omdia è consultabile al seguente link: https://omdia.tech.informa.com/pr/2024/mar/omdia-youtube-tops-most-popular-video-services-as-free-viewing-increases-lead-over-svod

Record storico in streaming per Mare Fuori

Il fenomeno Mare Fuori espande sempre di più la sua portata. Il quarto capitolo della serie, distribuito come il precedente in anteprima su RaiPlay, ha battuto i record della scorsa stagione, dimostrando ancora una volta le potenzialità offerte dall’utilizzo sinergico di streaming e broadcasting da parte degli editori televisivi. Nel periodo 1-25 febbraio (i primi sei episodi della nuova stagione sono stati pubblicati il primo febbraio e i rimanenti otto il 14, lo stesso giorno della partenza su Rai2) le visualizzazioni di Mare Fuori 4 sono state 124 milioni (LS) per un totale di quasi 3 miliardi di minuti visti (TTS). Questi risultati straordinari hanno superato i numeri raggiunti dalla serie nel 2023, con un aumento del 18% nelle visualizzazioni e del 7% nel tempo speso grazie anche alla presenza di due episodi aggiuntivi. Oltre a dominare le classifiche dei contenuti editoriali più visti on demand nel mese di febbraio 2024 – sia dal punto delle visualizzazioni che del tempo speso tutti i 14 episodi sono presenti nei rispettivi ranking – la quarta stagione del teen drama di culto ha toccato un nuovo storico traguardo. Con 120.641.216 minuti visti in 24 ore, il primo episodio è stato il contenuto più fruito on demand in un singolo giorno da quando sono attive le rilevazioni Auditel Digital. Inoltre, nella Top10 dei contenuti VOD più visti in un giorno, cinque posizioni sono occupate dagli episodi dell’ultima stagione mentre due sono invece assegnate agli episodi 7 e 8 della terza stagione. Per comprendere il contributo essenziale fornito dalla componente digital nel contesto della Total TV, basti considerare che la fruizione on demand dei primi due episodi della quarta stagione di Mare Fuori ha generato nei primi tre giorni un TTS incrementale del 153% rispetto al tempo speso nella fruizione lineare classica.   Nonostante l’iperconsumo verificatosi con il rilascio digital-first, il debutto della quarta stagione su Rai 2 ha totalizzato ascolti piuttosto in linea con quelli della stagione precedente. La media dei primi quattro episodi (trasmessi in back-to-back il 14 e il 21 febbraio 2024) è stata di 1.264.000 spettatori (AMR) e per la terza stagione era stata di 1.312.000 spettatori. A dimostrazione che la distribuzione in streaming non pregiudica gli ascolti, ma consente un significativo ampliamento delle audience. Fonte dati: Sensemakers (Carlotta Colacurcio)