Annuario TV

Annuario della TV

La sfida della Multipolarità

La scommessa di una “televisione resiliente”, sulla quale abbiamo puntato alla fine dello scorso anno, si conferma puntualmente quest’anno. Ma, nel quadro complessivo, sono intervenuti altri mutamenti di rilievo.

Con la stagione 2023-24, possiamo dire che si conclude un’epoca, significativamente iniziata quarant’anni fa. Nel 1984, con la fondazione di Auditel, e poi, due anni dopo, con l’inizio delle rilevazioni degli ascolti, va definendosi il quadro duopolistico che ha caratterizzato quattro decenni di storia televisiva1. L’approdo alla Total TV – significativamente legato alla misurazione della “Total audience”, ovvero del consumo su tutti i device e piattaforme combinando il metodo censuario e campionario – segna anche un passaggio verso un mercato più maturo, caratterizzato dalla multipolarità, che è il segno dell’Annuario 2024.

L’esercizio interpretativo che abbiamo provato a fare quest’anno riguarda appunto la lettura a nostro avviso più efficace di questa multipolarità. Partiamo dall’assunto, variamente evidenziato anche negli scorsi Annuari, che riguarda il ruolo cruciale del contenuto di produzione originale, nel vasto range di generi che caratterizza l’offerta audiovisiva. Se escludiamo le news (che, almeno per i principali telegiornali nazionali, continuano a rappresentare un rituale quotidiano per milioni di famiglie italiane, parte essenziale del più ampio rituale della fruizione lineare) e lo sport (che punteggia l’offerta di eventi, talvolta anche eccezionali, come accade per i principali appuntamenti calcistici, o per le Olimpiadi appena concluse), i contenuti di produzione originale nella macro-area dell’unscripted (ovvero: Game, Talk, Entertainment, Factual, Docu, Talent/Reality/Dating, Magazine, Infotainment e Contenitore, secondo il consolidato standard CeRTA) e in quella dello scripted (Serialità, Film per la TV e le piattaforme, Docu-drama, Kids & Early Teens) si confermano come la motivazione principale del consumo di TV, sia nei casi di prodotti più mainstream che di nicchia. Content is still the king, si potrebbe dire. Lo dimostra il grafico qui sotto (cfr. Fig 1) che, sulle principali reti nazionali prova a isolare il valore aggiunto della produzione originale nella generazione di ascolto (qui espresso come variazione percentuale sulla share media in relazione alle share delle reti). Nel caso del servizio pubblico, Rai2 è il canale i cui contenuti di produzione ottengono un ascolto superiore del +30% rispetto alle performance della rete, mentre per Rai3 si osserva una variazione del +3%. Per quanto riguarda l’ammiraglia Rai1, la share media della produzione originale è invece molto vicina a quella del canale proprio perché la sua offerta si compone prevalentemente di contenuti di produzione. Considerando Mediaset, i programmi originali di Canale 5 ottengono un ascolto superiore del +7% rispetto alla media di rete, quelli di Rete 4 del +19% e quelli di Italia 1 del +34%. Anche La7 e Nove mostrano un vantaggio significativo delle produzioni originali, con variazioni rispettivamente del +35% e del +49%.

Il grafico riportato qui sopra deve essere letto in continuità con il successivo (cfr. Fig 2), che definisce le posizioni delle principali reti (e delle piattaforme SVOD) in relazione alle caratteristiche principali della propria offerta originale. Cosa emerge da questo esercizio interpretativo? Ancor più dei dati d’ascolto, questa visualizzazione dei “posizionamenti dell’offerta” spiega, ancora di più, la centralità della TV e dell’audiovisivo nel sistema dei media. Una centralità che è frutto, in primo luogo, della quantità, ricchezza e varietà dell’offerta originale (quasi 18mila ore di contenuto originale, fra scripted e unscripted, nel corso della stagione, al netto di repliche).

Ma non si tratta solamente di quantità e ricchezza di contenuto. La mappa (cfr. Fig 2) è costruita su due assi. Sull’asse delle x, è stato considerato il numero di generi che ciascun contenitore (rete o catalogo) presenta nella propria offerta originale scripted e unscripted. Insomma, una duplice polarità fra un modello di offerta molto diversificato (quello che oggi potremmo intendere per “generalismo”) e uno invece molto focalizzato, per esempio su uno o pochi generi (che oggi caratterizza non solamente le reti tematiche, ma più in generale anche le piattaforme SVOD). Sull’asse delle y, invece, abbiamo classificato i diversi generi presenti nell’offerta originale dei contenitori (reti o cataloghi SVOD) sulla base dell’attitudine del genere a un approccio più emotivo (è il caso, per esempio, del Talent-Reality-Dating o dell’Entertainment) o più cognitivo (come nel Talk o nel Docu).

A nostro parere, questa mappa mostra due aspetti importanti dello scenario dell’offerta contemporanea. Essa spiega, in primo luogo, la resilienza della TV. La televisione (includendo ora l’insieme dell’offerta dello streamcasting) continua a raccogliere un vasto interesse perché dà risposta a bisogni e attitudini di consumo differenti, che possiamo identificare in quattro aree: la televisione offre una sincronizzazione giocata sui temi della distensione e della leggerezza, col suo basso continuo di prodotti di intrattenimento. Ma la televisione propone, al contempo, coi suoi generi più cognitivi, una varietà di finestre sul reale destinate ad alimentare la sfera pubblica. Attraverso una serie di offerte più specializzate, che sembrano attagliarsi ai gusti di molteplici nicchie, l’offerta audiovisiva contribuisce a una distinzione d’evasione, incrociando interessi e motivazioni di visione specifici. Ma anche a rispondere a specifici bisogni di approfondimento sull’attualità. È la complessità e l’articolazione di questa offerta la ragione principale della resilienza. Non sfugga però, in questa rappresentazione, un secondo aspetto. Come si può vedere dai diversi pianeti, e dalle galassie dei diversi editori, l’offerta rappresenta chiaramente un universo multipolare. Se gli editori tradizionali sembrano presidiare meglio il versante della sincronizzazione (il palinsesto come un rituale condiviso), altri editori televisivi e, soprattutto, le piattaforme rispondono al desiderio di differenziazione e distinzione (ovviamente anche in relazione alle modalità distributive non lineari). Visto da questo punto angolo, si capisce come la multipolarità dell’offerta audiovisiva nazionale, distesa fra broadcasting e streaming, è ormai un punto di non ritorno, mentre il duopolio appartiene a un’età ormai conclusa della storia della televisione.

(Massimo Scaglioni)

  1. Sull’analisi di questo quarantennio, fortemente influenzato dalla misurazione degli ascolti da parte di Auditel, tramite panel campionario e people meter, si cfr. M. Scaglioni (a cura di), L’Italia secondo Auditel. Quarant’anni di ricerca sul pubblico della TV e dei media, Bologna, Il Mulino, 2024. ↩︎

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